Disegno di Branwell intitolato ‘Il pirata’ del 1835 (235x 197) conservato presso il Bronte Parsonage Museum

Branwell Brontë si identificò sin da ragazzo con un personaggio di sua creazione che chiamò Northangerland inventando e scrivendo su carta per lui stravaganti avventure, incredibili misfatti e le più sfrenate conquiste erotiche, il tutto caratterizzato da un ritratto torbido e tormentato del personaggio. Sicuramente per il giovane figlio del parroco di Haworth, non proprio avvenente e conscio del proprio carattere debole, questo alter ego fu un modo per sfuggire ad una realtà squallida che sin dalla giovane età gli faceva già prevedere quelli che sarebbero stati i fallimenti dell’età adulta; e infatti Branwell per tutta la vita si identificò con il suo personaggio arrivando a disegnarlo più volte su carta e a firmarsi spesso con quel nome da lui inventato che diventò per anni a tutti gli effetti anche il suo pseudonimo – Northangerland.  

In effetti l’eroe negativo di Branwell venne concepito come Alexander Percy, il rivoluzionario e corrotto pirata di Citta’ di Vetro che, ancor prima denominata Verdopoli, in seguito con diverso nome diventò la capitale del regno di Angria. Giocatore d’azzardo e alcolizzato, costui viene anche detto Alexander Rogue e nei primissimi scritti giovanili Branwell e Charlotte gli attribuirono mogli e figli di cui egli presto abilmente si libera in maniera subdola e sleale. Altro elemento importantissimo che contraddistingue il personaggio è la capacità di seduzione che gli consente di avere negli anni diverse mantenute e figli illegittimi sparsi per tutto il regno d’Africa. Alla fine del 1832, dopo averlo descritto come sedizioso e fomentatore, Branwell decise di far fucilare Rogue dicendo ‘Rogue cadde a terra morto’, ma ben presto sentendo la mancanza del personaggio forte che aveva creato decise di riportarlo in vita senza alcuna spiegazione attribuendogli da quel momento una nuova dignità e una certa credibilità, oltre a un nuovo nome e un titolo, vale a dire Northangerland Conte di Elrington, grazie anche all’ultimo matrimonio da lui contratto.

Il racconto Il Pirata è proprio quello in cui Branwell decise di ‘resuscitare’ il suo personaggio facendolo riapparire ricco e ‘da non si sa dove’ per stabilire con questo episodio la fine della sua vita smoderata e dell’ attività di pirata. Nei tre capitoli in cui il racconto si articola e’ possibile seguire la vicenda attraverso le parole del Capitano Flower, personaggio chiave per l’azione e anch’egli uno dei personaggi presenti che, un po’ come avverrà poco dopo nel ciclo di Angria con il narratore alter ego di Charlotte Charles Wellesley, contribuirà a rendere vivida la vicenda essendo coinvolto personalmente nell’avventura narrata.

A volte troppo diretto e grezzo, privo di aggettivi e alquanto lineare, lo stile di Branwell, a differenza di quello delle sorelle e soprattutto di Charlotte, che già in quegli anni giovanili era grande osservatrice dell’animo umano, si limita spesso alla narrazione arida dei fatti, talvolta descritti addirittura in maniera sin troppo cruenta e particolareggiata. Si intuisce da ciò in Branwell l’aspetto ancora alquanto infantile della narrazione che include, fra l’altro in questo racconto, ancora la presenza dei geni e quel senso del soprannaturale presente nella prima fase della scrittura giovanile dei Brontë.

Maddalena De Leo

(il racconto ‘Il Pirata’ da me tradotto in lingua italiana è contenuto in versione integrale nell’antologia ‘Bronteana’ – Premio De Leo-Brontë 2017)

In copertina: Disegno di Branwell intitolato ‘Il pirata’ del 1835 (235x 197) conservato presso il Bronte Parsonage Museum.