Recensione di: Walking The Invisible di Michael Stewart, 2021
E’ lettura molto piacevole e originale il nuovo libro di Michael Stewart, figlio verace dello Yorkshire, in patria già acclamato autore di Ill Will, un romanzo basato sulle ipotetiche origini di Heathcliff, ben noto protagonista di Cime Tempestose. Nei dodici capitoli di Walking the Invisible (HarperCollins 2021) , il cui titolo riprende in maniera speculare quello del ‘biopic’ To Walk Invisible del 2016 diretto da Sally Wainwright, l’autore si prefigge di connettere la vita e l’opera degli esponenti della famiglia Brontё ai loro luoghi e, da infaticabile camminatore qual è, ci invita a percorrerli tutti con lui andando in giro qua
e là per lo Yorkshire e il Cumbria per chiedersi cosa avrebbero fatto o pensato Charlotte, Emily, Branwell e Anne proprio in quegli stessi posti. A mano a mano che i capitoli si susseguono, il lettore si ritrova quindi a camminare con Michael Stewart e il suo cagnolino tra sentieri di campagna veri e percorsi della mente, spesso a ritroso nel tempo venendo a conoscenza di sprazzi di sue esperienze personali relative alla famiglia Brontё.
L’aspetto più importante della narrativa è la continua oscillazione dal presente al passato e viceversa, sempre suffragata da gradevoli aneddoti di vita vissuta intesi ad alleggerire il giro turistico in atto per renderne più agevole la lettura. Non mancano inoltre le chiacchierate e gli scambi di opinioni dell’autore
con alcune studiose brontёane del momento oltre a scampoli di storia sociale e politica inglese del diciannovesimo secolo. Ideatore del progetto relativo alle Brontё Stones, grazie al quale in occasione dei recenti bicentenari della nascita delle Brontё tre lapidi incise con relative poesie dedicate alle sorelle sono state collocate a Thornton, in brughiera e alle spalle del Brontё Parsonage Museum, Michael Stewart parla diffusamente di questa sua iniziativa (cap.2), spostando poi la propria attenzione sulla brughiera di Emily (capp. 3 e 4), sulle peripezie di Branwell (capp. 6,7 e 8), sulla Scarborough di Anne, oggi purtroppo molto deludente rispetto a quella da lei amata (cap. 11), sui luoghi immortalati da
Charlotte in Jane Eyre e Shirley (capp. 10 e 12) e anche su quelli che videro un giovane Patrick alle prese con le ribellioni luddite di inizio ottocento (cap. 12). Forse risulta un po’ eccessivo dedicare ben tre capitoli ai luoghi percorsi da Branwell sacrificandone altri che eventualmente ispirarono la prosa di Charlotte (Wycoller, Gawthorpe Hall) e magari l’inserimento di qualche immagine dei luoghi o dell’autore stesso in cammino avrebbe contribuito a dare maggior consistenza alle sue testimonianze di prima mano.
Nelle pagine finali inoltre sono presenti quattro mappe commentate, ognuna riferita ad un appartenente della famiglia Brontё, veri e propri percorsi da seguire anche in proprio per chi voglia cimentarsi in futuro sulle orme di questo pioniere dello Yorkshire alla ricerca del contagioso spirito brontёano.
Maddalena De Leo
Se avete amato To Walk Invisible non perdetevi “Grazie a Dio non sono te!”: il rapporto tra Emily e Branwell in To Walk Invisible.