Branwell Brontë (1817-1848), di cui quest’anno ricorre il duecentesimo anno della nascita, è ricordato in genere in quanto fratello delle famose autrici Charlotte, Emily ed Anne, colui che depravato e dedito all’alcool portò alla costruzione del mito che ancor avvolge questa sfortunata e geniale famiglia inglese dell’Ottocento. Di recente ha ulteriormente contribuito a ciò il film BBC ‘To Walk Invisible trasmesso in dicembre dalla televisione inglese, che focalizzando l’attenzione degli spettatori sulla triste sorte di Branwell ne ha evidenziato il talento e la vita ‘sprecata’.

Ben pochi sanno però che l’unico figlio del reverendo Brontë, oltre ad aver composto numerose poesie di cui vide la pubblicazione sui quotidiani dell’epoca, tentò di scrivere un romanzo a cui diede il titolo di And the weary are at rest (Riposi chi è stanco). Si tratta di un manoscritto incompiuto di centoquarantaquattro pagine in grado di riflettere perfettamente il carattere instabile e volubile del suo autore che durante la breve vita non portò mai a conclusione un lavoro o un progetto intrapreso, mancando di determinazione nell’affrontare i problemi contingenti della vita.

Lo scritto risale al periodo in cui Branwell Brontë, già precettore presso la famiglia Robinson di Thorp Green, fu licenziato in tronco dopo la scoperta della sua tresca amorosa con Lydia, moglie del padrone di casa e molto più anziana di lui che, a suo dire, apparentemente lo ricambiava. Il doloroso allontanamento del giovane da casa Robinson e l’epilogo della vicenda furono narrati da Mrs. Gaskell nella sua famosa biografia di Charlotte Brontë, mentre le conseguenze sul carattere debole di Branwell sortirono disperazione, alcolismo e per lui la cosiddetta ‘morte d’amore’.

Fu mentre era tutore a Thorp Green nel 1845 che il giovane Brontë cominciò la stesura del suo manoscritto, prendendo spunto proprio dall’ infelice vicenda personale con l’intenzione di articolare il romanzo in tre volumi com’era d’uso all’epoca. Ci sono invece solo tre sezioni il cui contenuto generale è un commento sociale basato sul ruolo rivestito dall’amore e dalla religione nella vita del protagonista. La trama s’incentra sulle vicende di una donna di nome Maria Thurston, moglie di un seguace di Percy, depravato idolo di Branwell dall’epoca dei racconti di Angria. Una volta instaurato un legame con la donna, Percy la convince a trattenere con lui una relazione d’amore più che platonica, sapendo che nel proprio matrimonio Maria si sente molto trascurata. La scelta finale della donna andrà’ quindi a privilegiare l’amore, dando così all’incompiuto romanzo un tono complessivo di irreligiosità.

Perché allora Branwell deluso e in preda alla depressione, immaginando qualcosa di diverso da quanto si verificò nella realtà con Lydia, a questo punto perse interesse proprio per quella che avrebbe dovuto essere la sua ‘opera prima’ non procedendo oltre nella sua stesura? E’ facile immaginarlo.

Maddalena De Leo

Nell’immagine di copertina, scattata da noi, alcuni manoscritti di Branwell attualmente esposti al Brontë Parsonage Museum