In occasione dell’attesissimo bicentenario della nascita di Charlotte, anche noi di The Sisters’ Room vogliamo renderle omaggio con un post che racconta uno dei momenti più intensi della nostra avventura sui passi delle sorelle Brontë. Lo scorso anno abbiamo deciso di visitare il Belgio facendo tappa a Bruxelles, città dove, con la prospettiva di aprire una scuola tutta loro, Charlotte ed Emily decisero di andare a studiare le lingue per prepararsi al grande progetto.

Del periodo trascorso in Belgio Charlotte scrive molto in uno dei suoi libri più intimi ed intensi, Villette. Per definire i contorni della cittadina francofona e cattolica che dà il nome al romanzo e in cui è ambientata la vicenda di Lucy Snowe, Charlotte prende spunto proprio da Bruxelles rivelando tra le pagine un po’ della sua storia, della sua solitudine, delle sue paure, e la celata infatuazione per un professore cattolico e più grande di lei. 
Avendo da poco finito di leggere Villette, sarebbe stato imperdonabile durante l’estate perdersi una tappa bronteana così importante; è così che in un pomeriggio ventoso e piovoso di fine agosto, armate di impermeabili, libri e cartine, ci siamo mosse alla ricerca dei luoghi dove le due sorelle Brontë hanno vissuto, camminato, respirato.
La delusione è stata grande nel renderci conto che di quella Bruxelles dell’800 non è rimasto ormai molto e che lo stesso Pensionnat de demoiselles Héger non esiste più da tempo, ma c’era un luogo segnato sul nostro itinerario che eravamo certe fosse ancora lì, fermo da secoli: il centro di culto cattolico più importante di Bruxelles, la cattedrale di Santa Gudula.
Si tratta di una cattedrale gotica dedicata alla patrona del Belgio, che si erige imponente su una scalinata monumentale. Charlotte Brontë ce ne parla in un passo bellissimo di Villette, dove la voce narrante di Lucy Snowe racconta un episodio piuttosto particolare:

“Che vacanze! […] La casa fu lasciata quasi vuota […] Il mio cuore smise quasi di battere; tristi desideri tiravano le sue corde. Com’erano lunghe le giornate di settembre! Com’erano silenziose e senza vita! […]Una sera – e non deliravo, anzi ero perfettamente in me- mi alzai e mi vestii, debole e tremante. Non avrei potuto sopportare oltre la solitudine e l’immobilità del vasto dormitorio; […] Avvolta in un mantello (e non potevo non essere in me, dal momento che ebbi il buonsenso e la premura d’indossare qualcosa di caldo), uscii. Le campane di una chiesa mi fermarono mentre passavo; sembravano chiamarmi dentro per il salut, e io entrai. […] Dopo qualche momento silenzioso e trascorso in preghiera una penitente si avvicinò al confessionale. Io osservavo. Lei sussurrò la sua confessione; l’assoluzione le fu sussurrata in risposta; lei tornò consolata. Poi andò un altro, e un altro ancora. Una donna pallida, inginocchiata vicino a me, disse con voce bassa e gentile: “Vada lei adesso, io non sono ancora pronta”. Obbedendo meccanicamente, mi alzai in piedi e andai.” 

Durante la nostra lettura di Villette queste parole non ci suonarono nuove, e ci tornò immediatamente alla mente la lettera che Charlotte scrisse ad Emily il 2 Settembre del 1843, proprio da Bruxelles:

“Cara E.J. Approfitto di questa occasione che ho di scriverti, per buttar giù due righe. Sono ormai trascorse più di metà delle vacanze e, direi meglio di quanto pensassi. [….] esco e passeggio per i boulevard e le strade di Bruxelles a volte per ore. [….] Mi sono trovata di fronte a St-Gudule e la campana, il cui rintocco ti è noto, ha cominciato a suonare il vespro. Sono entrata, sola (tu dirai che quest’azione non è da me), ho vagato per le navate, dove alcune vecchiette stavano recitando le loro preghiere, finchè non sono iniziati i vespri. Sono rimasta sino alla fine. […] Allora, mi è balenata in mente una stramberia. In una zona appartata della cattedrale, sei o sette persone erano ancora inginocchiate presso i confessionali. In due confessionali ho visto un prete. […] Mi è venuta voglia di convertirmi al Cattolicesimo e di andare a confessarmi per vedere com’era.”

Quel giorno dunque Charlotte Brontë, esattamente come Lucy Snowe nel suo romanzo, fece l’esperienza di una confessione cattolica nonostante la sua convinta fede protestante; lei stessa nella lettera indirizzata ad Emily aggiunse: “Conoscendomi bene penserai che tutto questo è molto strano, ma quando la gente è sola ha delle strane idee.” Diverse sono le teorie che vanno alla ricerca dei motivi per cui Charlotte prese questa decisione così impulsiva e contro i propri principi, ma di certo abbiamo soltanto le parole di Lucy Snowe che dopo aver spiegato al sacerdote di essere protestante giustifica l’avvicinamento alla confessione in questo modo: “Gli dissi che ero alla ricerca disperata di una parola d’aiuto o di conforto. Avevo vissuto per diverse settimane completamente sola; ero stata ammalata; sentivo un dolore opprimente nell’animo, di cui avrei difficilmente sopportato ancora il peso.”

In quel giorno freddo di fine estate a Bruxelles dunque, dopo aver trovato rifugio dalla pioggia e dal vento dentro Santa Gudula, abbiamo iniziato a percorrere le lunghe navate alla ricerca di quello che secondo la tradizione era il confessionale di Charlotte. Siamo state accolte da una luce calda e da una musica dolce, pervase da una sensazione di calma e serenità non molto diversa forse da quella provata da Charlotte in quel lontano giorno di fine estate.
Ci siamo sedute per un po’ sulle sedie sistemate in fila proprio di fronte a quel confessionale di legno scuro intarsiato, provando ad immaginare la minuta figura di Charlotte che confusa e sorpresa scrutava dietro le grate della piccola finestrella dove si nascondeva il sacerdote. Essere lì in Belgio e rivivere con l’immaginazione questo momento della vita di Charlotte è stato emozionante, e una volta dentro Santa Gudula l’episodio che tanto ci aveva colpito nei libri e nelle lettere non ci è sembrato più tanto singolare… dopotutto è proprio vero che “quando la gente è sola ha delle strane idee”.

Selene